TRE LIBRI E TRE QUADRI DIVERSI CON LA STESSO SFONDO,PER CONOSCERE LA STORIA DI UN'EPOCA CHIANTIGIANA


VEGLIE A PORCIGNANO di REGINALDO CIANFERONI

premio Pozzale per la narrativa 1986


Reginaldo Cianferoni, Accademico dei Georgofili ed ex professore di Economia agraria all' università di Firenze, nato nel 1922 all' Antella da famiglia contadina e morto nel 2006. I suoi contributi spaziano dai problemi economici della viticoltura alla ricostruzione del contributo dei mezzadri toscani alla Resistenza e alla rinascita democratica dell' Italia. Sulla mezzadria scrisse appunto, le Veglie a Porcignano, illustrate da Mino Maccari che sono una raccolta di storie della vita di campagna narrate davanti al fuoco, tenute a casa di Marcello Vanni, mezzadro di Porcignano fra Castellina e Radda in Chianti (Siena) e conosciuto per le sue capacità narrative. Ritrovarsi a veglia in qualche casa di un contadino ospitante, specialmente in inverno intorno al focolare, per raccontare storie, suonare, ballare e parlare di tutto era una tradizione nella vita quotidiana dei contadini chiantigiani. Nelle veglie prevaleva una figura narrante, spesso fatta a turno, e i presenti intervenivano in continuazione. I racconti delle veglie, sono un patrimonio culturale semplice, vero ed allegro che tutti i ragazzi nelle scuole dovrebbero leggere, un vivace spaccato di un mondo contadino chiantigiano. Leggere questo libro è come sfogliare un album fotografico di famiglia, pieno di personaggi, ed emerge come la famiglia contadina era incentrata sulla famiglia patriarcale e la forte religiosità, più avanti si ripercorre la guerra, le lotte politiche e sindacali (revisione dei libretti colonici, rapporti fra mezzadro e podere) e il percorso dell'abbandono delle campagne che ha interessato tutta la Toscana. Le mutate esigenze dei giovani, come emerge in questi passi del libro, sono state una delle cause principali dell'allontanamento delle famiglie contadine verso la città.

“...Parecchie ragazze dicevano al fidanzato: Ti sposerò se non farai più il contadino.”

“...Che ci stiamo a fare qui, senza corrente elettrica, senza comodità e a lavorare dalla mattina alla sera ricavando appena da mangiare mentre trasferendoci in qualsiasi altro posto è possibile migliorare la nostra situazione come dalla notte al giorno?...”

“...Quando un operaio ha fatto le sue otto ore di lavoro può riposarsi e si riposa anche con le ferie; noi, dopo una giornata di lavoro che dura più di otto ore, abbiamo ancora da governare le bestie e le bestie mangiano anche nei giorni di festa. E con quali riconoscimenti?...”

Grazie all'Azienda Agricola di Caparsa è possibile leggere la versione elettronica sul link qui sotto, pubblicata per tutelare le tradizioni locali e diffondere una conoscenza vera sul territorio chiantigiano.



DIARIO NEL CHIANTI di NICCHIA FURIAN RAFFO

Un diario finalista al premio Viareggio 1977 “opera prima”


La famiglia Chiostri, appartenente alla piccola nobiltà toscana di Montevarchi, aveva acquistato Vegi (Castellina in Chianti- SI) e le sue terre nel 1842. Durante la seconda guerra mondiale Vegi viene occupata prima dai tedeschi e poi dagli americani e di quegli anni si trova traccia in alcuni fra i più bei libri della autrice Nicchia Furian Raffo (“Diario del Chianti”, “Gente del Chianti”, “Guerra del Chianti”). Nel libro “Il Diario del Chianti” Nicchia Furian, appartenente alla famiglia Chiostri, racconta il mondo di una bambina di possidenti, quando da grande ritorna nella fattoria di famiglia e scappa tra i campi e i vecchi ricordi alla ricerca della sua infanzia in un posto dove molte cose sono cambiate. L'ingenuità e l'incanto degli occhi di una bambina che vive in maniera agiata ma in un contorno di contadini ci regala una bella visione veritiera sull'epoca. Le pagine del diario ci offrono una pittura del Chianti con luoghi e personaggi ma anche di voci, grida, odori e ricette di un contesto aristocratico ma con una grande curiosità, tipica dei bambini, per il mondo contadino forse perchè diverso e proibito.

“Qualche volta, al tempo della segatura, a noi ragazzi era permesso di <desinare> nel campo con i contadini: erano i giorni della felicità”


LA VITA IN CAMPAGNA di BINO SANMINIATELLI


Bino Sanminiatelli originario di una ricca famiglia di possidenti agricoli avente sede a Perignano di Lari, è stato un produttore di vini "prestato", come diceva lui, "alla letteratura". Bino, il suo vero nome di battesimo era Fabio, era nato a Firenze il 7 maggio 1896 ed è morto a Greve in Chianti il 10 gennaio 1984, è stato uno scrittore di numerosi libri e un disegnatore. Ha collaborato per diversi quotidiani nazionali, appartenne al movimento futurista e poi a quello dadaista. Le sue opere sono impregnate di un forte lirismo autobiografico e sono molto legate alla sua terra, la Toscana. Nel libro “La vita in Campagna”, Bino racconta il suo mondo di un letterato nobile e proprietario terriero, i nobili e i contadini, le ville e i casolari, la prima auto, il viaggio in città con la corriera, le arti e i mestieri. La fine del libro coincide con la fine della guerra, e anche della giovinezza di Bino, passata tra gli anni dell'adolescenza tra la città e la campagna di Livorno nell'estate (dove la famiglia aveva una proprietà) e raccontata nella prima parte del libro, e dopo la morte del padre quando eredita una proprietà di famiglia nel Chianti e vissuta nella seconda parte del libro insieme al passaggio della guerra. Il castello di Vignamaggio, la casa di Monna Lisa, costruita e abitata dalla famiglia dei Gherardini dopo che furono esiliati da Firenze perchè appartenenti ai Guelfi “bianchi”, prima che arrivasse Bino per ultimo abitata dal suo bisnonno ma poi disabitata perchè il nonno e suo padre avevano preferito l'altra nella campagna livornese perchè più facile per l'agricoltura e più modesta.

Riporto un pezzo di Bino dove racconta degli ospiti che venivano a farli visita, è strano pensare che tra quei monti selvaggi che conservavano ancora un certo sapore feudale personaggi di rilievo passassero di lì.

“...Giungeva spesso Bernard Berenson...Non sopportava la mediocrità, era sempre la qualità a comandare...Quando scendevano in Toscana non dimenticavano di venire a far visita a Monna Lisa, Graham Greene (un inesauribile serbatoio di alcol) e Marc Chagall...In Italia...troppo lunga sarebbe la lista degli amici...e quelli che più mi garbavano erano i più popolari...e un certo giorno, quando meno me l'aspettavo, seduti in salone, l'uno di fronte all'altro, vidi Giovanni Papini e Gino Bartali i quali, senza conoscersi, avevano attaccato discorso e parevano intendersi...Un'altra volta, aprendo la porta, sorpresi Aldo Palazzeschi seduto in pizzo a una seggiola in muto colloquio con Erminio Spalla, famoso pugilatore...Ma non mancavano poi da Monna Lisa le meno divertenti case reali (di Romania, d'Olanda, di Jugoslavia, di Grecia) e le grandi famiglie che piovevano dall'estero a Firenze per qualche particolare manifestazione d'arte...”









Commenti

Post più popolari